Celebrazione Eucaristica

“L’Eucaristia, però, si discosta da tutti gli altri sacramenti perché, oltre a essere un segno efficace della grazia, è anche il «memoriale» del mistero pasquale di Gesù.
Nella concezione semitica, talvolta di difficile comprensione per noi che siamo eredi della cultura greco-romana, il memoriale (zikkaron in ebraico, anamnesis in greco) non è il puro ricordo di un evento avvenuto nel passato, quanto invece la celebrazione che attualizza quel fatto, in modo da riprodurne la forza e tutta l’efficacia salvifica.
Dire che l’Eucaristia è il memoriale della morte e della risurrezione di Cristo significa che essa rende presente e attualizza la realtà ricordata. Vale a dire che il sacrificio della croce, posto una volta per tutte al vertice della storia umana, si fa presente nei segni del pane e del vino e la celebrazione ne riproduce la forza e l’efficacia salvifica. Il popolo di Dio partecipa ai beni del sacrificio pasquale, annunziando la morte del Signore fino al suo ritorno.
Come il popolo ebraico rendeva grazie a Dio per la liberazione dalla schiavitù, vivendone la realtà, così la Chiesa rende grazie al Padre per la liberazione dal peccato e dalla morte operata dal Figlio e attualizzata dal sacramento, affinché ora applichi i benefici del sacrificio della Croce a tutti gli uomini. Il memoriale eucaristico è una presenza reale di cui si celebra la memoria. Cristo è presente ogni volta che la Chiesa pronuncia le parole della promessa eucaristica: “Questo è il mio corpo… Questo è il mio sangue …”.
L’invocazione dello Spirito Santo rende attuali ed efficaci le parole eucaristiche di Cristo e la comunità è trasformata dalla comunione con Cristo realmente presente.
Nell’Eucaristia, dunque, per mezzo del pane e del vino viene attualizzato il mistero pasquale di Cristo e l’uomo può toccare attraverso segni efficaci la salvezza che quell’evento ha realizzato.

L’EUCARISTIA: SACRIFICIO E CONVITO
L’Eucaristia è il banchetto pasquale, in quanto Cristo, realizzando sacramentalmente la sua Pasqua, ci dona il suo Corpo e il suo Sangue, offerti come cibo e bevanda, e ci unisce a sé e tra di noi nel suo sacrificio (Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, 287).
La Messa è ad un tempo e inseparabilmente il memoriale del sacrificio nel quale si perpetua il sacrificio della croce, e il sacro banchetto della Comunione al Corpo e al Sangue del Signore. Ma la celebrazione del sacrificio eucaristico è totalmente orientata all’unione intima dei fedeli con Cristo attraverso la Comunione. Comunicarsi, è ricevere Cristo stesso che si è offerto per noi (Catechismo della Chiesa Cattolica 1382).
L’Eucaristia è dunque un sacrificio perché ri-presenta (rende presente) il sacrificio della croce, perché ne è il memoriale e perché ne applica il frutto… Il sacrificio di Cristo e il sacrificio dell’Eucaristia sono un unico sacrificio: « Si tratta infatti di una sola e identica vittima e lo stesso Gesù la offre ora per il ministero dei sacerdoti, egli che un giorno offrì se stesso sulla croce: diverso è solo il modo di offrirsi ». «In questo divino sacrificio, che si compie nella Messa, è contenuto e immolato in modo incruento lo stesso Cristo, che si offrì una sola volta in modo cruento sull’altare della croce» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1366-1367).

Spiegando come l’evento storico della Pasqua di Cristo si rende presente «in sacramento, in mistero», abbiamo affermato che partecipare non significa soltanto essere presenti al rito. Oggi, grazie alla riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II, si partecipa più e meglio di prima: ascoltiamo e comprendiamo le letture, cantiamo, portiamo le offerte, facciamo la comunione; ma questa è la partecipazione rituale. Bisogna comprendere che attraverso il rito (per ritus et preces) dobbiamo esprimere anche la nostra partecipazione all’evento.

L’istituzione dell’Eucaristia
Chi ha voluto questo rito? Abbiamo già detto che lo ha istituito Gesù stesso, alla vigilia della sua passione. Ce lo tramandano quattro racconti: Mt 26,26-28, Mc 14, 22-24, Lc 22, 19-20 e San Paolo in 1 Cor 11,23-25. Leggendoli veniamo a conoscenza che Gesù, la vigilia della sua passione, mentre era a cena con i suoi discepoli ha cambiato il significato della cena pasquale ebraica. Gesù ha detto: «Prendete e mangiate: questo è il mio corpo… Prendete e bevete: questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza…», e poi ha aggiunto: «Fate questo in memoria di me». Che cosa ha inteso dire Gesù con le parole: «Fate questo»? Dobbiamo semplicemente ripetere i suoi gesti e le sue parole o dobbiamo fare quello che con quel gesto voleva significare?
Chiedendo di ripetere il suo gesto Gesù ci invita a imitarlo nel dono della vita per gli altri, nell’offrire senza riserve noi stessi: “Fate quello che ho fatto io”!, ci chiama a mettere in pratica quanto egli ci ha insegnato. Come ogni maestro non ha insegnato attraverso una lezione teorica, ci ha dato l’esempio. Questo è il senso dell’istituzione: instituere in latino non significa stabilire, decidere, fondare, ma insegnare. Gesù ha insegnato con l’esempio. Gesù fece e comandò agli apostoli di fare come aveva fatto lui.

(Ildebrando Scicolone osb)

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